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L’età della pensione: navigare tra normative e opportunità

Sara Bonomelli28 Novembre 202320 Novembre 2023

Molte persone si interrogano sul momento giusto per concludere la propria carriera lavorativa o per intraprendere una nuova fase della vita. Le motivazioni possono variare, dall’ardente desiderio di continuare l’attività professionale abituale il più a lungo possibile, alla ricerca del meritato riposo pensionistico. La confusione su questo tema è diffusa, e ciò è dovuto alla mancanza di una risposta definitiva e universale.

La comprensione di fino a che età si può lavorare richiede una distinzione tra lavoro autonomo e dipendente, nonché tra settore pubblico e privato. Inoltre, è essenziale discernere tra l’età in cui il datore di lavoro può obbligare il dipendente al pensionamento e i casi in cui questa scelta è discrezionale, ma non priva di rischi per il datore. Ecco cosa occorre conoscere a riguardo.

I dipendenti pubblici rappresentano una categoria di lavoratori soggetta a regolamenti più stringenti riguardo all’età massima di lavoro e al pensionamento forzato. Tuttavia, esistono diverse soglie e situazioni specifiche da tenere in considerazione. Ad esempio, la Pubblica Amministrazione è tenuta a congedare il dipendente che ha raggiunto l’età ordinamentale, ovvero il massimo stabilito dall’ordinamento a cui appartiene, insieme ai requisiti per la pensione anticipata o di vecchiaia. La soglia ordinamentale generale è di 65 anni per i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, ma può variare a seconda di funzioni o professioni specifiche, come nel caso delle Forze armate e della Polizia, dove varia in base alla qualifica.

In aggiunta, la Pubblica Amministrazione può licenziare il dipendente che ha compiuto 62 anni e ha soddisfatto i requisiti per la pensione anticipata. In questo caso, la decisione di collocare o meno il dipendente in pensione è a discrezione della Pa, che deve giustificare adeguatamente la sua scelta.

La situazione cambia quando un dipendente pubblico ha 67 anni ma non ha ancora raggiunto i requisiti per la pensione di vecchiaia. In questo caso, il dipendente può richiedere di rimanere in servizio fino ai 71 anni, purché la sua salute lo consenta e dopo l’approvazione del medico del lavoro.

I datori di lavoro nel settore privato possono licenziare il dipendente che ha raggiunto l’età pensionabile, generalmente 67 anni (salvo eccezioni per lavoratori invalidi o occupati in mansioni gravose). Tuttavia, questa è una scelta facoltativa del datore di lavoro che può concordare con il dipendente per continuare il rapporto lavorativo.

La legge non impone un limite massimo di età per continuare a lavorare, tanto che è possibile anche assumere pensionati, a condizione che la salute lo permetta. Alcuni contratti collettivi nazionali possono stabilire limiti inferiori per il pensionamento, ma la giurisprudenza mostra un orientamento variegato su questa questione.

Per i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, non esiste un limite di età, consentendo loro di continuare a lavorare fino a quando lo ritengono opportuno, persino oltre i 75 anni. La legge, inoltre, permette sia ai liberi professionisti che ai dipendenti privati di continuare a lavorare dopo il pensionamento, rispettando le disposizioni normative.

In sintesi, i dipendenti pubblici possono lavorare fino al raggiungimento del limite ordinamentale e dei requisiti di pensionamento, con la possibilità di richiedere il proseguimento del rapporto fino a 71 anni in assenza dei requisiti. I dipendenti privati possono lavorare fino a 67 anni, ma possono prolungare il rapporto con il consenso del datore. I lavoratori autonomi e i liberi professionisti godono di una maggiore flessibilità, non essendo vincolati da limiti di età, fatta eccezione per eventuali normative settoriali.

età pensionabile, pensione, privati, pubblici

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