La pratica della donazione del sangue è un gesto altruistico e prezioso che ha catturato l’attenzione del pubblico negli ultimi tempi, spesso amplificata da eventi mediatici in cui personaggi noti hanno lanciato appelli per la donazione.
In Italia, la donazione del sangue è un atto totalmente gratuito, ma per i lavoratori dipendenti, esiste un importante diritto correlato: il permesso retribuito per assentarsi dal lavoro e donare sangue.
Chiunque desideri donare il sangue dovrebbe essere a conoscenza del fatto che tale atto rientra nell’ambito delle attività di volontariato. Infatti, non è prevista alcuna forma di remunerazione per il sangue donato. Tuttavia, i lavoratori dipendenti che scelgono di donare il sangue hanno il diritto di ottenere un permesso retribuito per le giornate in cui effettuano questa nobile azione.
Quindi, cosa significa esattamente questo permesso retribuito e come funziona? Qui di seguito, forniremo una guida completa su quali condizioni devono essere soddisfatte, quanto sangue dev’essere donato per averne diritto, e come comunicare la propria intenzione al datore di lavoro.
Donare il sangue è innanzitutto un atto di solidarietà con la comunità e un dovere civico. Il sangue donato rappresenta un bene prezioso per tutti, e per questo motivo, oltre alle numerose campagne di sensibilizzazione sulla donazione del sangue, è stato introdotto il permesso retribuito per coloro che scelgono di donare.
Per ottenere il permesso retribuito, i donatori di sangue devono soddisfare alcune condizioni specifiche. Il quantitativo minimo di sangue donato deve essere di almeno 250 grammi, e il prelievo deve essere effettuato presso un centro di raccolta autorizzato dal Ministero della Sanità, che può essere sia fisso che mobile.
Prima di beneficiare del permesso, il lavoratore deve comunicare al datore di lavoro la data in cui intende donare il sangue. I termini per questo preavviso sono definiti nei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL).
Dopo aver usufruito del permesso, il dipendente deve presentare al datore di lavoro un certificato medico che attesti i dettagli della donazione, compresi i dati anagrafici del donatore, la data e l’orario del prelievo, la quantità di sangue prelevato e il luogo in cui è stato effettuato. Il lavoratore ha diritto a 24 ore di riposo a partire dal momento in cui si assenta dal lavoro o, in alcuni casi, dal momento in cui avviene effettivamente la donazione.
Durante il giorno di permesso, il lavoratore riceve la sua retribuzione completa, che sarà corrisposta dal datore di lavoro. Successivamente, il datore di lavoro si rivolgerà all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) entro la fine del mese successivo alla donazione per richiedere il rimborso. Per effettuare questa richiesta, è necessario presentare una dichiarazione firmata dal donatore, attestando che la donazione è stata effettuata gratuitamente e che il lavoratore ha usufruito del giorno di riposo e della retribuzione corrispondente. Questa dichiarazione deve essere accompagnata dal certificato medico.
Va notato che alcune categorie di datori di lavoro, come quelli non tenuti alla denuncia contributiva o gli artigiani che formano solo apprendisti, potrebbero non essere obbligati a rimborsare il permesso.
In alcuni casi la donazione potrebbe essere rimandata a causa dell’inidoneità del donatore. Questa inidoneità può essere determinata per motivi di salute, come il fatto che il donatore sia influenzato, o perché non sono trascorsi i tempi di sospensione richiesti tra una donazione e l’altra, che variano a seconda dell’età, del sesso e del peso del donatore. Ad esempio, gli uomini e le donne non in età fertile possono donare sangue ogni 3 mesi, mentre le donne in età fertile possono farlo al massimo due volte l’anno, con un intervallo minimo di 3 mesi.
In tali situazioni, il donatore ha comunque diritto alla sua retribuzione normale, ma solo per il tempo necessario all’accertamento dell’inidoneità e alle procedure successive.
Vale la pena notare che chi dona midollo osseo ha diritto a permessi retribuiti per le diverse fasi del processo di donazione. Questi permessi includono il tempo necessario per individuare i dati genetici del donatore, i prelievi necessari per determinare la compatibilità con il paziente in attesa di un trapianto e l’accertamento dell’idoneità alla donazione. I giorni di permesso sono generalmente specificati nel certificato medico e comprendono sia le giornate di donazione effettiva che quelle successive, per consentire al donatore di recuperare completamente dopo una procedura potenzialmente debilitante.